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Le confessioni di Geremia sono testi unici nella letteratura profetica di Israele. Esse permettono uno sguardo nella vita interiore del profeta, caratterizzata dal dissidio tra le esigenze personali di Geremia e quelle della sua vocazione. Per questo vanno collocate sullo sfondo del racconto di vocazione, di cui sono lo sviluppo, uno sviluppo che termina tragicamente, ma che appunto per questo diviene segno della loro autenticitŕ. Il libro di Barbiero propone una traduzione fedele del testo masoretico, rinunziando a qualsiasi addolcimento accomodante. Esso persegue un'analisi sincronica del testo biblico, ponendo i singoli brani nel loro contesto canonico. Quest'orizzonte permette di vedere come la figura del profeta acquisti un valore esemplare per il popolo, che ha trovato in essa una via per superare la tragedia dell'esilio. Le confessioni di Geremia non terminano con un happy end, cosě come il suo libro, che termina con l'esilio in Egitto. Si puň constatare, per le confessioni, un crescendo negativo: se all'inizio Dio risponde ai lamenti del suo profeta, nelle tre ultime confessioni il lamento rimane senza risposta. Il volto di Dio si manifesta sempre piů come quello del "Dio lontano", fino a culminare nel grido disperato dell'ultima confessione: "Maledetto il giorno in cui sono nato" (Ger 20,14). Anche la vicenda terrena di Gesů termina con il grido terribile: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27,45 par.).